Typovision
Lettere in caduta libera, come Alice
Ci sono alfabeti che non si leggono soltanto. Si attraversano. Si subiscono. Si sognano: Typovision nasce da un’ossessione: catturare, in un sistema di forme, tutta l’ambiguità di Alice nel Paese delle Meraviglie. Non l’Alice edulcorata, non la favola per bambini. Ma quel mondo lì: instabile, disorientante, visionario. Dove ogni regola si piega, ogni logica si contorce, ogni passo è un inciampo.
Task
Il font doveva essere il risultato di una lunga immersione nel sottosuolo del racconto. Cominciando dalla storia: le parole di Carroll, le immagini deformate di chi l’ha reinterpretata, le creature bizzarre e inquietanti che popolano i sogni di Alice. Obiettivo: le tracce, raccolto simboli, sbirciato dietro gli specchi
Typovision è un font display.
Ma è anche un labirinto visivo: ogni lettera è una deviazione, un piccolo sbandamento dell’occhio. Le proporzioni si allungano e si modulano come in un sogno lucido.
È pensato per chi vuole spingere lo sguardo oltre la superficie. Per chi cerca un carattere tipografico che abbia qualcosa da dire, che prenda spazio, che disturbi un po’
Sono tornata alle origini di Alice nel Paese delle Meraviglie, alle sue molteplici reincarnazioni — dal nonsense di Carroll all’estetica gotica di Burton, passando per le visioni più psichedeliche, più sporche, più assurde.
Ho scomposto le simbologie: il tempo, la metamorfosi, l’identità, la follia.
Ogni elemento è stato smontato, osservato, distorto.
Mi interessava il sottotesto più che la superficie: quell’inquietudine sottile che scorre sotto le righe della fiaba, come un’ombra invisibile.





Il nome unisce due concetti chiave: Typo, tipografia — materia viva, forma del linguaggio.
E Vision, visione — non intesa come semplice sguardo, ma come allucinazione, stato alterato, immaginazione al limite.
Typovision è l’incontro tra struttura e delirio. Tra controllo e perdita di controllo.
Un equilibrio precario, volutamente instabile, che riflette esattamente ciò che accade ad Alice: più cerca un centro, più si perde.


